
“Il silenzio della parola all’infinito”
Il silenzio si finge voce in ogni crepa che ci tiene interi.
È un linguaggio complesso. Fa l’urlo e fa la musica, come i dettagli fanno l’uomo, la bellezza e la vita stessa.
Clarice Lispector usa la parola per dire il silenzio. Silenzio come fonte di parola. Ci sono cose che si sottraggono alla parola e tuttavia è nella parola – nella scrittura – che trovano un sentiero per arrivare a noi, alle nostre solitudini, alla nostra colpa. Quel sentiero è un cammino carnale, quello che reca con sé arriva in ginocchio per poi ergersi e fare casa, di luci e ombre, dentro di noi.
È necessità il bisogno di dirsi e darsi significato e significante attraverso la parola. La scrittura strappa e trattiene. Tenta di dire l’indicibile, tenta l’abisso. Parte dal silenzio e ritorna al silenzio, alla nostalgia del sé e di ogni cosa che si pensava fosse. Sempre rimane da tradurre il silenzio.
Nel bisogno della Lispector, di questa donna col sorriso stretto e amaro, c’è la consapevolezza del peso di certe parole che fanno silenzio in tre sillabe: dolore, amore, altrove, memoria, perdita. Sono tre anche le sillabe di silenzio, nostalgia, bisogno, respiro, parola.
Isabella Cesarini (che possiede pensieri di questa fatta: “Siamo sfocate nella vita… mi perdo nelle cose perché le sento prima di saperle”), attraverso un percorso articolato brillantemente in opere e passaggi biografici, offre un ritratto inedito, intenso e affascinante di una figura di grande potenza vitale e letteraria. Una donna piena di solitari luoghi interiori e luogo lei stessa. Luogo sofferto e sfavillante come un fuoco d’artificio.
Isabella Cesarini con questo testo ci ha fatto un bel regalo.
Clarice Lispector è un’ebrea ucraina con il ritmo latino nelle vene. È, in definitiva, popolo eletto.
Cettina Caliò
- Con la parola vengo al mondo. Bellezza e scrittura di Clarice Lispector di Isabella Cesarini (Tuga edizioni, pp 128, € 16).
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