«Voi siete poeta, e vi faranno soffrire»
Eleonora Duse
Sul maroso degli amanti, a fronte di quelli regolari e cinematografici, emergono monumentali e folli quelli irregolari. Appassionati e lontani, famelici e scissi, consumano voluttuosamente colei che detiene il segreto certo dell’amore: Rina Faccio in arte Sibilla Aleramo (Alessandria, 14 agosto 1876 – Roma, 13 gennaio 1960).
Scrittrice e poetessa, custodisce nella vita e nel romanzo la ceralacca rosso carminio per sigillare il sentimento; sconfessare ogni vana tecnica di seduzione in favore di una purezza tutta chiusa nella più universale delle dichiarazioni: Ti Amo. Non le interessa insidiare l’animo maschile per condurlo a struggimento. Sibilla è di natura autentica: la magnificazione risiede nella possibilità, quasi sacrale, di palesare il proprio cuore. Solo in tal modo una donna può dirsi vincente. Nel giocare d’astuzia, la vittoria è solo illusoria; delinea il peggiore dei simulacri: l’incapacità di amare.
La poetessa o “poeta”, come l’appella la Duse, è prodiga, vive l’esistenza appieno, vibrazione incessante di una vita con la mente nel corpo e il corpo nel corpo. E il corpo è cuore. Priva di corazza, si espone alla ferocia delle meschinità poiché detiene la certezza del giorno a seguire, vale a dire che la disfatta della sera descrive la completezza del giorno dopo.
Sibilla è il suo corpo, membra esplorate in solitudine e restituite alla pagina e all’amante di una notte o del mai per sempre. Nella donna il confine tra il carteggio e il romanzo disegna la compagine artistica. Gli uomini si fanno amanti per poi farsi pagina e infine romanzo. La vita e la scrittura germogliano sul giunco intrecciato della creazione. L’inchiostro sciaborda nell’incontro dell’amante amato.
Una pletora di scrittori e artisti figurano la manta che avvolge Sibilla.
Con il poeta Salvatore Quasimodo vive un legame profondo e tormentato.
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Pertanto è la scrittura, la stilla dell’inchiostro, a disegnare una cornice evanescente per i due amanti, un supporto silente che in alcuni casi prende a placarli, in altri a esaltarli, tutto dentro la lirica infinita di un amore maledetto. Dannazione che infine sarà più potente della Aleramo. Il 1918 e l’ospedale psichiatrico di San Salvi a Firenze sanciranno la fine di quel viaggio: il cuore nell’amore e il sangue nella malattia (Dino Campana e Sibilla Aleramo).
- Da il libro ANIME INQUIETE – 23 storie per mancare la vittoria