La poesia irregolare del cineasta russo Andrej Tarkovskij

http://www.barbadillo.it/47005-poesia-cineasta-russo-andrej-arsenevic-tarkovskij/,12 settembre 2015

Consegna all’immagine una lirica esistenziale in seguito al verso di una poesia dissidente: contestazione che si realizza attraverso l’uso sapiente di un esclusivo linguaggio onirico. Posto a confronto con molta cinematografia russa negli anni del disgelo, il suo cinema si contraddistingue per una narrazione che non favorisce la propaganda. Non adotta la storia per mettere in scena opere retoriche, ma nel suo lavoro solitario, si allontana dal populismo per calarsi nell’abisso dell’uomo. All’ideologia dominante oppone un’altra ragione, quella della poesia in grado di superare le antinomie storiche e umane. Il motore della storia è prima di tutto l’uomo.
Andrej Tarkovskij occupa nel panorama della cinematografia mondiale un posto di assoluto rilievo. La sua opera filmica si impone con meno di dieci film, dove la seduzione operata dalle immagini, si leva con eccellenza e singolarità. La scelta ricade su un linguaggio esistenziale nel quale la cultura russa si snoda come un eco lontano, ma non per questo dimenticato. Una narrazione poetica libera che si sostituisce a ogni forma di proselitismo. Il lessico tarkovskiano è suggestivo nella misura in cui non dichiara, ma è incline a sottendere. È frammentato nell’istante in cui decide di seguire le vie impervie della visione onirica: il sogno si spoglia del sogno per rendersi realtà. Tarkovskij rende corporeo l’invisibile sommerso nell’uomo: “film d’azione interiori, western in cervelli”.
“Stalker”, film del 1979, verosimilmente il più noto insieme a “Nostalghia”, figura come la pellicola maggiormente rappresentativa nella filmografia del cineasta russo. Tratto dal racconto dei fratelli Arkadij e Boris Strungackij, “Pic-nic sul ciglio della strada”, del tutto rivisitato, è un lungometraggio perturbante che scompagina lo spettatore con la silente richiesta di molteplici visioni. Il titolo dell’opera è un termine inglese che indica colui che si avvicina di soppiatto, alludendo alla preda. Una sorta di guida che, nel film, ha come destinazione ultima la ricerca di una stanza per la realizzazione dei desideri. Si muovono lentamente all’interno delle inquadrature tre personaggi principali: uno scienziato, professore di fisica, uno scrittore e la guida, lo stalker. Ragione e percezione emotiva, garbatamente sollecitate da un’unica tensione: l’anelare, peculiarmente tarkovskiano, a qualcosa che consenta all’uomo di vedere realizzati i propri desideri; un interrogarsi per immagini sul significato ultimo dell’esistenza; una metafora poetica e spirituale sulla vita interiore. Invero, lo sgomento umano è magistralmente concepito da una macchina da presa che, dal campo lungo, indugia sul dettaglio di una natura desolata. Sequenze che abitano il vuoto esistenziale.
Un percorso critico nel ventre di un ambiente fosco e ostile dove non si tenta la dissimulazione di un accorto autobiografismo. Il rapporto con gli eventi storici viene totalmente accantonato in favore di una ricerca sull’uomo. La finalità di questa opera, non agevolmente comprensibile, sembra essere una forte esortazione alla presa di coscienza: guardare l’ombra che abita ogni essere umano. A fronte di uomini fragili, troneggia in chiusura del film, l’immagine di una creatura: la figlia dello stalker. Una bambina malata, emblema di un candore violato. Senza osteggiare la vita e nonostante la storia, per Tarkovskij l’esistenza è un miracolo: la piccola porta alla riappacificazione tra l’uomo e l’insopportabile peso del mondo.
Spesso ostacolato nel proprio lavoro, Tarkovskij lascia in eredità un patrimonio cinematografico e poetico di valore inestimabile. L’Italia, attraverso il suo paesaggio, la ricchezza culturale, nello specifico l’Abbazia di San Galgano in Toscana e la figura di Tonino Guerra, contribuisce a una delle sue opere più belle: Nostalghia. Un affresco pittorico e lirico sulla nostalgia che si svolge in un continuum senza tempo, tra la memoria del passato e l’incombenza del presente. Un regista importante che, in uno spazio senza confini, rappresenta l’indagine sull’universo più arduo da decodificare: quello intimo e insondabile dell’essere umano.


Non mi interessavano il movimento esteriore, l’intrigo, il complesso degli avvenimenti: di queste cose di film in film ho sempre meno bisogno. Mi ha sempre interessato il mondo interiore dell’uomo: per me è assai più naturale compiere un viaggio dentro la sua psicologia, dentro la filosofia che la nutre, dentro le tradizioni letterarie e culturali sulle quali riposano le sue fondamenta spirituali. Quello che mi interessa è l’uomo, nel quale è racchiuso l’universo, e per esprimere l’idea, il senso della vita umana non è assolutamente necessario costruire a sostegno di questa idea una trama di avvenimenti.
*Andrej Tarkovskij – Scolpire il tempo

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