Bombe zuccherate a Covent Garden

Covent Garden” di RobertWitcher è sotto licenza CC BY 2.0.

Sono una molle fanciulla con un cappello rosso di velluto carminio. La signora è un’anziana signora inglese. Vende cappelli a Covent Garden. No, meglio: crea cappelli da vendere a Covent Garden. Sembra di essere a Parigi. Bethany osserva guardinga i turisti. È chiaro che non le piacciono. Io non sono una turista. Mangio cibo inglese e non cerco ristoranti italiani. «Non sai da quanti anni vendo cappelli a Covent Garden! Non li vendo mica a chiunque. Sono io a scegliere il cliente e non il contrario. Da giovane facevo la mannequin. Ho girato il mondo». Rimpiange la giovinezza volata nell’ultimo défilé. Guarda la pelle increspata delle sue mani e sente di non avere più lo stesso odore. La giovinezza conserva un odore speciale. Sa di biscotti caldi, di mare del Nord, di centrini e bombe zuccherate di Fregene. Io so riconoscere un cappello eccezionale. Non scatto fotografie al cambio della guardia. Non mi interessa Buckingham Palace. Ascolto gli oratori di Hyde Park, io! Non capisco nulla. Capisco che mi piace ascoltarli. Vive in una vecchia soffitta a Tooting Broadway. Non tiene armadi. Forse un loft. Forse una stamberga. Chissà quanto costano i suoi cappelli. Tanto. Decide che si può vendere un cappello di velluto rosso carminio a una molle fanciulla con l’orizzonte rivolto allo speaker corner. È un gran bel cappello teatrale. Va in scena intonso dopo venti anni, quasi ventotto. Un piccolo teatro di paese. Una grande insegna. Che grande attore Aldo Fabrizi. Non tutta la frase. Solo “Aldo Fabrizi” è l’insegna. Mi rammenta la camminata di mia nonna. Quando insegue Totò. Mia nonna camminava come Aldo Fabrizi correva dietro a Totò. Pasciuti e ancheggianti. Non sono portata per la recitazione. Dice tutti possono recitare. Tutti tranne me. Dice studia il metodo Stanislavskij. No, non mi immedesimo. Così si dice? Va beh, non mi calo nel personaggio. Non sento come lui. Chi lo conosce! Mi inabisso senza immedesimarmi. Non nel personaggio, certo. In me medesima. Il cappello fa quello che io non sono capace di indossare. Fa scena. E in scena bisogna fare scena.

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